Salvatore Sebaste nasce a Novoli, in provin­cia di Lecce, ma la sua formazione artistica av­viene sulle rive dell'Arno, dove l'incontro con Alessandro Parrochi, suo docente di Storia dell’'arte, lo indirizzerà verso la grafica e il segno che incide. Sebaste rientra a Sud, ma sceglie la Basilicata, si trasferisce a Bernalda, poco di­stante da un sito archeologico di clamoroso in­teresse qual e Metaponto. In una terra in cui i brandelli del passato glorioso, le testimonian­ze della Magna Grecia, si legano ai racconti di un vissuto popolare, intessuto di credenze e ar­cani misteri, Sebaste realizza opere come «Ma­gia lucana» o «La partoriente». Sono questi gli anni di un repertorio figurativo, scandito da volt! grotteschi e tenebrosi di donne; ma an­che di paesaggi, che descrivono calanchi attra­versati da sciabolate di Luce. Siamo negli anni Sessanta e l'attenzione di Sebaste e concentra­ta sul dato antropologico. E' un momento in­tenso per il territorio lucano che vede ruotare intorno al Circolo La Scaletta, nato ne11959, artisti! di fama internazionale come Jose Ortega, Ernesto Treccani, Mino Maccari, Sebastian Matta, Pietro Consagra. E Sebaste e impegnato in prima persona.

Fonda con la moglie Jolanda Carella un labo­ratorio di grafica a .Bernalda, dove lascia trac­cia anche Joseph Beuys con le sue incisioni, che sono conservate alla Pinacoteca di Bernal­da, di cui lo stesso Sebaste e direttore dal 1998. Un tessuto sociale importante per una creatività fluida che si esprime negli anni '70 attraver­so la sperimentazione di nuovi materiali, sab­bie e polveri che si uniscono ai colori ad olio, che vengono poi graffiti e ancora stracci e car­ta. Sono esposti in mostra alcuni dipinti di que­sta serie come «Ultimo volo» o «Eolo che si tuffa nella luce», dove il segno grafico diventa un groviglio di sensazioni, legate al costante ri­chiamo alla natura.

La mostra documenta anche Sebaste sculto­re, con le sue terrecotte, piccole volumetrie ispirate a divinità e figure mitologiche e forme totemiche monocrome rivolte al cielo, omag­gio ad una tecnica antica qual e la cartapesta, ritorno alle origini salentine, reinterpretata.